1. Il territorio lavenese

Intorno alla metà dell’Ottocento Laveno era un piccolo centro lacuale, di non più di 1500 abitanti, le cui abitazioni s’addensavano intorno alla parrocchiale, affacciata sul lago. Come per gran parte del Varesotto, le principali attività economiche erano legate all’agricoltura: si coltivavano cereali e si impiantavano vigneti, alberi da frutto e gelsi per l’allevamento del baco da seta. C’erano inoltre una filanda e una fabbrica di cappelli. La vita del borgo era animata dal mercato settimanale delle granaglie, istituito fin dal 1744, che attirava numerosi mercanti dalle zone vicine e dalla Svizzera.

Proprio il commercio costituiva, più che la pesca, l’altra attività fondamentale di Laveno, favorita dalla sua naturale collocazione: non distante, a Nord, dai “paesi de svizzeri” (così si legge sulla carta della Lombardia austriaca del 1794), come pure, a Ovest, dagli “Stati del Regno di Sardegna”, raggiungibili attraversando il lago nel suo punto più stretto. A Est si aprivano l’accesso alla Valcuvia e la comoda e lineare strada per Milano, lungo un tracciato che è ancor oggi noto come la Varesina. A quest’ultima si sarebbero in seguito affiancati due tratti di strada ferrata: nel 1884 sarebbe stata creata la linea Gallarate-Laveno e nel 1886 la Laveno-Varese (oggi Trenord, ex Ferrovie Nord Milano). Solo l’importanza del commercio, coadiuvato dalle vie di comunicazione, può spiegare da un lato il gran numero di alberghi, osterie e caffè presenti in paese, dall’altro l’attrazione esercitata per possibili investimenti e l’avvio di nuove attività manifatturiere.

All’origine dell’insediamento della produzione di ceramiche, che avrebbe nell’arco di pochi decenni, dal 1856 in poi, plasmato il volto di Laveno, con le fabbriche, le ciminiere, il cavalcavia…, e impresso nuovi ritmi alla vita dei suoi abitanti, ci fu sicuramente un rapporto privilegiato tra Laveno e Milano, grazie alla coraggiosa intraprendenza di alcuni imprenditori.

Carta Lombardia Austriaca 1794

Carta Lombardia Austriaca 1794

2. Le origini del primo insediamento industriale delle ceramiche lavenesi

Nella prima metà del Settecento in Inghilterra si sviluppò la lavorazione della terraglia, un nuovo tipo di ceramica diffusosi ben presto in tutta Europa e destinato, per la sua resistenza e il costo moderato, a soppiantare la maiolica e la porcellana. Nell’Ottocento l’Italia, da sola, assorbiva circa un quarto della produzione inglese. A intuire l’opportunità di inserirsi in questo mercato, sicuramente in espansione, fu Giulio Richard (si veda la scheda biografica), che nel 1840 aveva acquistato dal nobile Luigi Tinelli la Società per la fabbricazione delle porcellane lombarde con sede a Milano presso la fabbrica San Cristoforo. I Tinelli di Gorla erano originari di Laveno dove dal 1809 possedevano una filanda. Risiedendo tuttavia a Milano Luigi Tinelli, nel 1833, aveva comprato dai francesi Emilio Gindrad e Onorato Billet una fabbrica, aperta nel 1830 nell’edificio di un’ex vetreria lungo i Navigli. Arrestato Luigi, perché mazziniano, la gestione della fabbrica era passata al fratello Carlo.

Nel 1841, a Milano, nella fabbrica San Cristoforo, aveva preso l’avvio la lavorazione della terraglia. Fin dal suo primo insediamento alla San Cristoforo, Richard si circondò di valenti collaboratori, tra cui Severino Revelli e Alessandro Carnelli. Quest’ultimo avrebbe indicato al Revelli il territorio sulle rive del Lago Maggiore come potenziale nuovo campo d’azione per l’ampliamento della produzione della ceramica. È possibile supporre che dietro questa scelta ci fosse proprio il Tinelli che, da buon conoscitore del territorio natio, era in grado di segnalare la presenza di strutture adatte allo scopo. Allo stesso modo è probabile che alcuni operai di origine lavenese, chiamati dal Tinelli alla San Cristoforo, fossero rientrati in paese dopo la vendita della fabbrica al Richard, e costituissero quindi manodopera esperta per avviare una analoga attività.

Verbanum StoneLa collocazione dello stabilimento venne individuata in una “inoperosa fabbrica di vetri” (la Franzosini); l’affitto di un mulino, di proprietà Tinelli, avrebbe garantito la “forza d’acqua” e la possibilità di macinare le terre per l’impasto; da non sottovalutare la disponibilità di torba nella vicinissima torbiera di Mombello, che lo stesso Tinelli aveva già sfruttato per primo alla San Cristoforo, come combustibile per i forni. Infine le vie d’acqua (il lago , il vicino Ticino e i canali che permettevano di raggiungere Milano) avrebbero agevolato il trasporto di materiali e merci. Tali presupposti incoraggiarono, nel 1856, la fondazione della Società Ceramica CCR, dal nome dei tre fondatori: Alessandro Carnelli, Carlo Caspani e Severino Revelli.

Ebbe così inizio la produzione della ceramica a Laveno. Uno dei primi riconoscimenti ufficiali della nuova attività manifatturiera che andava prendendo piede sulle rive del Lago Maggiore viene dalla Relazione redatta nell’anno 1873 dalla Camera di commercio e d’arti di Varese, che accompagna la Statistica di agricoltura artigianato e commercio del circondari. In essa veniva appunto segnalata la ditta Carnelli-Caspani-Revelli, che – si legge “possedeva due fabbriche, dove venivano prodotti vari tipi di terraglie”.

3. Prende forma il microdistretto della ceramica

All’inizio del Novecento il territorio del Medio Verbano, a cui il comune di Laveno apparteneva, rifletteva le caratteristiche generali dell’economia di questa parte delle Prealpi lombarde (si tenga presente che all’epoca il Circondario di Varese, con quello di Lecco e Como, facevano parte della Provincia di Como). Si tratta dell’agricoltura con connesse attività di lavorazione dei prodotti; caccia e pesca; lavorazione del legno proveniente dai vasti boschi, ivi compresa la produzione della carta; industria tessile e lavorazione dei minerali estratti dalle montagne costituivano le fonti principali di lavoro per la popolazione.

Scorrendo i dati del Censimento della popolazione del 1901 per il Circondario di Varese, se da una parte si trova conferma della preminenza di impiego nel settore agricolo di circa 42.000 persone in prevalenza donne (si veda la classe I della tabella), immediatamente seguito da quello dell’industria tessile ─ attività tradizionale, nonché primaria di tutta la regione lombarda ─ legata a sua volta all’industria del vestiario per un totale di circa 17000 addetti, anche in questo caso prevalentemente donne (si veda la somma della classe X e classe XII), bisogna tuttavia registrare la presenza significativa di circa 3200 addetti nel settore della lavorazione di pietre, argille e sabbia, settore a cui anche le ceramiche appartengono (si veda la classe V). Fonte: Censimento popolazione 1901

Classe Professioni o condizioni Sesso Como Lecco Varese
Classe I Agricoltura, silvicoltura, allevamento bestiame m. f. 41146 35178 27281 4138 17245 25080
Classe II Pesca e caccia m. 218 115 167
Classe IV Industrie mineralurgiche, metallurgiche e meccaniche m. f. 3051 78 3960 129 1704 31
Classe V Lavorazione delle pietre, argille e sabbie m. f. 1644 4 773 5 3085 115
Classe VI Industria edilizia m. f. 12254 8 1969 5 14887 8
Classe VIII Lavorazione del legno e della paglia e arred. delle abitazioni m. f. 5782 13 1779 3 2258 59
Classe IX Industrie della carta, tipografiche e poligrafiche m. f. 692 163 147 23 312 233
Classe X Industrie tessili, in particolare della seta e del cotone, compresa tintoria e stamperia m. f. 7737 25933 3569 20078 1420 9702
Classe XI Lavorazione delle pelli e di altri prodotti animali m. f. 114 131 456 126
Classe XII Industrie attinenti al vestiario e alla acconciatura della persona m. f. 3678 4948 2363 1975 2284 3775
Classe XV Industrie alimentari m. f. 2616 308 1773 200 1480 259

La lettura del censimento industriale del 1911 consente di focalizzare più dettagliatamente le attività economiche del territorio in cui è compreso il Comune di Laveno. Nella tabella seguente vengono presi in considerazione i Comuni limitrofi a Laveno. Fonte: Censimento industriale 1911 – TAVOLA I.A Comuni del circondario di Varese (Provincia di Como)

Comuni limitrofi a Laveno Industrie che lavorano o utilizzano prodotti di agricoltura-caccia-pesca Industrie che lavorano minerali (esclusa estrazione) Industrie che lavorano fibre tessili
N. Imprese censite N. Persone occupate N. Imprese censite N. Persone occupate N. Imprese censite N. Persone occupate
BESOZZO 30 315 3 91 10 979
BREBBIA 19 48 1 81
BRENTA 9 63 3 57
CARAVATE 6 12 1 42 1 130
CITTIGLIO 9 33 1 16 1 77
COCQUIO 15 25 1 4 1 382
GEMONIO 13 57 1 85 1 116
LAVENO 24 47 6 839 10 24
LEGGIUNO 8 24 1 187
MOMBELLO 8 67 1 48

Si trova conferma della presenza di due settori significativi: quello tessile –che abbraccia i Comuni di Besozzo, Brebbia, Brenta, Caravate, Cittiglio, Cocquio, Gemonio e Leggiuno ─ e quello della lavorazione dei minerali che nel solo territorio di Laveno vede concentrate 839 persone, tutte occupate nelle fabbriche della ceramica, che a quel settore fanno capo. Quest’ultimo dato rappresenta l’1,13% del totale regionale (839 su 74344). Nel 1927 nasce la Provincia di Varese e nello stesso anno, con decreto del 18 dicembre, avviene la fusione di Laveno, Mombello e Cerro in un unico Comune. Dal censimento industriale e commerciale del Regno d’Italia del 1927 risulta che, rispetto al 1911, la situazione industriale per il territorio analizzato si è così evoluta: Fonte: Censimento industriale e commerciale del Regno d’Italia 1927

Comuni limitrofi a Laveno Industrie alimentari e affini Lavorazione minerali esclusi metalli Industrie tessili
N. esercizi N. addetti N. esercizi N. addetti N. esercizi N. addetti
BESOZZO 11 38 4 42 5 944
BOGNO 1 48
BREBBIA 4 215
CARAVATE 4 9 1 19
CITTIGLIO 6 11 3 14 1 53
COCQUIO 11 20 3 514
GEMONIO 4 49 2 392
LAVENO 8 21 4 958 1 23
LEGGIUNO 3 4 1 621
MOMBELLO 6 11 4 535 1 205

Nella tabella sono evidenziate in colore rosso gli esercizi con un valore medio di più di 100 dipendenti. In particolare si evince che la lavorazione delle ceramiche, che si è ormai concentrata negli stabilimenti di Laveno, ha quasi raggiunto il migliaio di addetti, un dato che corrisponde a circa un terzo del totale degli addetti del settore tessile, da sempre preminente nel territorio. (958 su 3015). Il dato risulta ancora più significativo se si tiene conto del calo globale dell’impiego nel settore della lavorazione dei minerali a livello regionale (22467 del 1927 rispetto ai 74344 del 1911). In questo nuovo quadro i 958 impiegati nella produzione di ceramica a Laveno costituiscono il 4,26% dell’intero settore nella regione Lombardia. Nei decenni successivi i dati occupazionali relativi alla lavorazione della ceramica avrebbero continuato a salire: negli anni cinquanta nelle fabbriche lavenesi lavorano circa 2500 persone, su una popolazione complessiva di 4000-5000 abitanti.

4. Le ceramiche di Laveno: una cronologia d’insieme

La cronologia qui delineata descrive in ordine cronologico le vicende principali della Società Ceramica CCR, poi Società Ceramica Italiana Spa (denominata anche SCI), fino all’esperienza finale della Cooperativa. L’ampliamento della sede con la costruzione dei vari stabilimenti e le informazioni tecniche sono quindi da riferirsi, ove non espresso in modo esplicito, alla SCI. Tutta la scansione cronologica e in buona parte i contenuti della stessa sono ripresi dal volume Laveno e le sue ceramiche: oltre un secolo di storia, Musumeci-Paoli (2005).

  • 1856: A Laveno Carlo Caspani, Alessandro Carnelli e Severino Revelli fondano la Società Ceramica CCR. I tre fondatori provengono dalla ceramica Richard di Milano San Cristoforo. La prima sede si trova presso i capannoni della ex vetreria Franzosini.
  • 1871: Ritenuti ormai insufficienti gli edifici della ex vetreria, la Società si trasferisce in parte nella ex caserma austriaca S. Michele, ove vengono installati 3 forni intermittenti a fiamma rovesciata (primi in Italia). Nei primi anni settanta, dai 36 occupati del novembre 1857, si è passati ai 205 denunciati al tempo dell’Inchiesta industriale del 1873.
  • 1883: La CCR, in base ad accordi finanziari con il Credito Lombardo e altri azionisti, si trasforma in Società Ceramica Italiana Spa (denominata anche SCI). Tale decisone si spiega, oltre che con la favorevole situazione economica italiana di quegli anni, che lasciava intravvedere la possibilità di un più ampio sviluppo produttivo, anche col miglioramento della situazione di Laveno dal punto di vista dei trasporti: in un quinquennio sarebbero maturati, infatti, i collegamenti ferroviari Novara-Pino, Gallarate-Laveno e Laveno-Varese, nonché quelli con la Svizzera e il Nord Europa, attraverso il Gottardo.
  • 1884: Un grave incendio provoca danni ingenti agli edifici ancora di proprietà Franzosini.
  • 1885: Revelli esce dalla SCI per fondare la Società Ceramica Revelli, in territorio di Mombello.
  • 1895: Viene introdotta per la prima volta l’energia elettrica con l’installazione di una piccola turbina al mulino Boesio.
  • 1898: Il reparto S. Michele viene chiuso e di nuovo incorporato nello stabilimento originale Lago, che viene ristrutturato e ampliato.
  • 1907: Un’agitazione nel reparto “fornaciai” sfocia in un violento scontro tra l’azienda e la Lega operaia. I 600 lavoratori della SCI scendono in sciopero, la Società risponde con la serrata. Gli scioperanti cedono dopo 70 giorni.
  • 1916: L’ing. Luciano Scotti, entrato nel 1914 nella SCI, ne assume la direzione generale.
  • 1922: I ceramisti della SCI e della Revelli attuano il più lungo sciopero della loro storia. Dopo quasi 6 mesi cedono per fame.
  • 1922: Si realizza il primo forno continuo (Dressler) per la cottura delle vernici.
  • 1923: Entra nella SCI l’architetto Guido Andlovitz, che sarà direttore artistico e importante designer per molti anni.
  • 1924-1934: per un decennio l’ing. Scotti assume anche la carica di sindaco, e poi di podestà di Laveno.
  • 1925-1926: Si realizza un grande piano di ampliamento, consistente nella costruzione dei Magazzini generali del Ponte, raccordati con le Ferrovie dello Stato, e dei Mulini Boesio per la preparazione della pasta bianca e refrattaria. I nuovi reparti sono collegati con lo stabilimento Lago tramite un trenino elettrico; per oltrepassare i binari delle Ferrovie Nord viene realizzato il cavalcavia. Si costruiscono inoltre abitazioni per operai e impiegati in viale Garibaldi nel “Quartiere della Vittoria”. Nello stesso periodo la SCI opera un nuovo ampliamento con la costruzione dello stabilimento Verbano per la fabbricazione di isolatori in porcellana sulla base di un’intesa con la Porzellanfabrik Rosenthal & Co di Selb (Baviera).
  • 1931: Lo stabilimento Verbano inizia la produzione di porcellana da tavola.
  • 1936: Nello stabilimento Lago viene realizzato il primo forno elettrico continuo (Kera) per la cottura del biscotto.
  • 1937: Primo ampliamento dello stabilimento Verbano.
  • 1943-1944: Realizzazione del secondo forno elettrico (Scei) allo stabilimento Lago.
  • 1947-1948: Costruzione della “Casa al mare” a Pietrasanta, colonia marina estiva per i figli dei dipendenti.
  • 1948: Secondo ampliamento dello stabilimento Verbano.
  • 1950: Realizzazione del primo forno continuo a nafta (Allied) nello stabilimento Verbano.
  • 1950: Creazione della Scuola professionale per ceramisti, diretta dall’orafo Ambrogio Nicolini. Nel 1957 sarà trasformata in Scuola di avviamento professionale statale.
  • 1949-1951: Realizzazione presso lo stabilimento Ponte del nuovo reparto per la produzione di articoli in terraglia forte, dotato del terzo forno elettrico continuo (Siti). La produzione di articoli domestici viene trasferita dalla Lago alla Ponte.
  • 1952: Entra in attività il nuovo stabilimento della Porcelanas Verbano a Rosario, in Argentina, dove si trasferiscono maestranze lavenesi.
  • 1953: Arriva a Laveno il metano della Val Padana, che costituisce una nuova fonte di energia anche per gli stabilimenti delle ceramiche di Laveno.
  • 1956: I lavoratori della SCI scendono in sciopero contro i propositi della direzione di tagliare i cottimi e licenziare numerose maestranze a causa della ristrutturazione dell’azienda.
  • 1956: il 21 dicembre muore l’ing. Scotti; gli subentra il figlio Annibale. La nuova dirigenza è imperniata sull’opera dell’ing. Meregalli, dell’ing. Chiodi, dell’avv. Carlo Tinelli.
  • 1958: Si verifica un grave incendio nei magazzini dello stabilimento Ponte.
  • 1959: Si chiude il reparto piastrelle della Lago, che si specializza nella produzione di articoli sanitari e pezzi “fantasia”.
  • 1965: La SCI viene assorbita dal gruppo Richard-Ginori e nasce pertanto la Società Ceramica Italiana Richard-Ginori Spa. La famiglia Scotti scompare dalla scena delle ceramiche lavenesi.
  • 1966: Viene chiuso il reparto porcellane da tavola (trasferito a Chieti) dello stabilimento Verbano.
  • 1970: Vengono denunciati 4 sindacalisti della commissione interna della Ponte (Angelo de Ambroggi, Ambrogio Noseda, Rosolino Pisoni, Carlo Zanardi) per corteo non autorizzato; saranno assolti nel 1972.
  • 1970: La maggioranza azionaria della Richard-Ginori è acquistata dalla finanziaria Sviluppo appartenente a Michele Sindona.
  • 1973: La Liquigas, il cui amministratore delegato è il finanziere Raffaele Ursini, acquista la Richard-Ginori dalla Sviluppo e le Ceramiche Pozzi dalla finanziaria Generale Immobiliare, anch’essa appartenente a Sindona.
  • 1974: La Liquigas fonde i due gruppi ceramici e li ristruttura. D’ora in poi gli stabilimenti di Laveno appartengono alle seguenti nuove società del gruppo Liquigas: Lago: Pozzi-Ginori Industrie ceramiche Spa (sanitari) Ponte: Porcellane Richard-Ginori Spa (porcellane da tavola) Verbano: Ceramiche Industriali Spa (isolatori e articoli industriali)
  • 1976: Il gruppo Liquigas, ed in particolare la Liquichimica, è in grave crisi. Ursini acquista la maggioranza azionaria della società SAI dal gruppo IFI degli Agnelli.
  • 1977: Ursini trasferisce alla SAI la maggioranza azionaria di molte aziende della Liquigas in bancarotta. La Pozzi-Ginori diventa per il 67% della SAI; per il 20% rimane della Liquigas.
  • 1978: Raffaele Ursini si dimette dalla carica di amministratore delegato della Liquigas; successivamente verrà arrestato.
  • 1979: Il ministro dell’Industria nomina un commissario governativo per le società del gruppo Liquigas in gestione controllata.
  • 1980-1981: La SAI non intende rilanciare il settore ceramico, ma ridimensionarlo. Il commissario governativo mantiene un atteggiamento passivo di fronte alle scelte della maggioranza azionaria. Nei primi mesi del 1981 nelle ceramiche Pozzi-Ginori di Laveno in totale risultano occupati 730 addetti così ripartiti: stabilimento Ponte 350, di cui 50 in cassa integrazione; stabilimento Lago 176 e stabilimento Verbano 204. L’attività dello stabilimento Verbano viene chiusa in ottobre.
  • 1982: Dal 1° marzo i dipendenti della Lago sono posti in cassa integrazione a zero ore: è la chiusura definitiva. Un numero limitato di dipendenti verrà in seguito trasferito in altri stabilimenti del gruppo (Gattinara, San Cristoforo, Laveno Ponte).
  • 1982: Viene costituita la “Società Ceramica Industriale Cooperativa Verbano” alla quale partecipano 92 dipendenti, nonché il Comune di Laveno Mombello e le Comunità montane della Valcuvia e del Medio Verbano. La produzione dello stabilimento può così riprendere in maggio.
  • 1983: La maggioranza azionaria della SAI passa nelle mani del finanziere Salvatore Ligresti. Suo nipote, Fausto Rapisarda, viene nominato presidente della Pozzi-Ginori.
  • 1986: Dopo lunghe trattative la Pozzi-Ginori definisce il suo piano di ristrutturazione. Lo stabilimento di Ponte si salva e continua la sua attività nel settore degli articoli domestici, pur con numero di dipendenti ridotto circa a 200.
  • 1990: Nello stabilimento Boesio, ristrutturato, inizia la produzione di una porcellana di prestigio, la “bone china”.
  • 1997: Nel mese di luglio, dopo 15 anni, la Cooperativa Verbano cessa l’attività.

5. I luoghi del lavoro: una panoramica sugli stabilimenti a Laveno dalla fine dell’Ottocento al 1990

5.1 Le prime fabbriche: ex vetreria Franzosini e S. Michele (1856-1898)

Il primo insediamento della Società Ceramica CCR fu, nel 1856, in un edificio posto in riva al Lago Maggiore, non distante dalla località oggi chiamata Castello. Per questo motivo sarebbe poi stato sempre chiamato semplicemente stabilimento del Lago. A quella data esso apparteneva a Bernardo Franzosini, che nel 1837 l’aveva costruito per avviarvi una vetreria, fatta chiudere successivamente dal governo austriaco per motivi politici in quanto gli operai, provenienti dalla vetreria Franzosini di Intra, diffondevano opuscoli antiaustriaci.

Stabilimento S. Michele - Esterni - 1871-1898Un decennio più tardi gli spazi offerti dall’ex vetreria non risultavano più sufficienti. Venne individuata, come unico edificio disponibile non molto distante, la caserma S. Michele, inutilizzata dalla fine del dominio austriaco. La CCR procedette pertanto, nel 1867, ad acquistarla. Nel 1870 iniziarono i lavori di conversione e ampliamento: vennero installati ben tre forni intermittenti a fiamma rovesciata (i primi in Italia) e costruito un nuovo mulino che utilizzava una macchina a vapore. Si prevedeva di impiegarvi oltre cento operai. I collegamenti con lo stabilimento del Lago – che continuava a ospitare i magazzini, la decorazione e la vendita – erano tenuti “a mezzo di un traghetto, che trasporta carro, cavallo, nonché conducente”.

Proprio l’inadeguatezza e la difficoltà di tale collegamento indussero la dirigenza della Società Ceramica Italiana Spa – in cui la CCR si trasformò nel 1883 – a prendere atto che lo stabilimento S. Michele non concorreva positivamente agli utili dell’esercizio e, in previsione dell’abbandono della sede, vennero fatti rilevanti investimenti nelle strutture dello stabilimento principale. Nel 1884 un incendio provocò ingenti danni agli edifici, ancora di proprietà Franzosini e nel 1888, a più di trent’anni dall’avvio dell’attività, l’Azienda divenne proprietaria della fabbrica. Infine nel 1898 il reparto di S. Michele venne chiuso e incorporato nello stabilimento originale Lago.

5.2 Stabilimento del Lago (1888-1982)

Stabilimento Lago - Vedute aeree1897: Dopo l’acquisto della ex vetreria Franzosini e di alcuni terreni contigui sul lato della collina, in considerazione della necessità di creare nuovi spazi per la produzione, la SCI attua l’espansione dello stabilimento Lago attraverso un’opera di riempimento della costa antistante la vecchia vetreria e una successiva edificazione. Lo stabilimento si pone ben presto come una delle industrie ceramiche più all’avanguardia della zona di Laveno: è infatti il primo stabilimento a utilizzare macchinari elettrici per la preparazione degli impasti e delle vernici di rivestimento.

1936: Viene installato il primo forno elettrico continuo che sostituisce i vecchi forni intermittenti a fiamma rovesciata per la cottura del biscotto in terraglia forte. Forno tedesco, di marca Kera, della potenza di 800 kW, si rivela un ottimo investimento in epoca autarchica (l’energia elettrica è quasi totalmente prodotta per via idroelettrica, ovvero energia nazionale, mentre il carbone, a causa delle “sanzioni”, ha subito un rincaro del 50% e restrizioni sulla importazione). Alla fine degli anni trenta alla Lago viene costruito un nuovo impianto di colaggio, destinato soprattutto alla produzione di sanitari, articolo in piena espansione.

1943-1944: Viene installato il 2° forno elettrico continuo, questa volta di marca italiana, Scei, della potenza di 900 kW.

1948-1951: In corrispondenza dell’avvio al nuovo stabilimento Ponte della produzione di articoli domestici in terraglia forte, alla Lago viene gradualmente chiuso il reparto piatti. La nuova produzione della Lago riguarda articoli sanitari e pezzi “fantasia”.

1959: Viene chiuso anche il reparto piastrelle.

1974: La fabbrica Lago diventa sede della Pozzi-Ginori Industrie ceramiche Spa, che rientra nel gruppo Liquigas.

1977: A seguito della bancarotta della Liquigas, il 67% della Pozzi-Ginori viene ceduta alla SAI.

1982: I dipendenti della Lago (176) vengono messi in cassa integrazione a zero ore. La chiusura, dopo quasi un secolo di attività, è definitiva. Solo alcuni dipendenti verranno trasferiti ad altri stabilimenti del gruppo (Gattinara, San Cristoforo, Laveno Ponte).

5.3 Stabilimento Molini Boesio (1894-1981)

Stabilimento Molini Boesio – EsterniÈ il secondo nucleo storico della SCI. Fin dalla sua nascita aveva fatto uso del mulino Tinelli, in zona Boesio, attivato dalle acque provenienti dalle sorgenti denominate Nove fontane. E la disponibilità dell’acqua – in particolare di quella della Roggia Molinara – era essenziale per produrre gli impasti.

1894: La SCI acquista da Filippo Tinelli il mulino e alcuni terreni circostanti, e nel 1895 vi installa una piccola turbina per produrre energia elettrica.

1925: Vengono costruiti i nuovi molini per la pasta bianca e refrattaria.

1925-1926: Realizzazione della linea ferroviaria per collegare tra loro i 3 complessi Boesio-Lago-Ponte.

UNA FOTOGRAFIA D’EPOCA – LA STRUTTURA

All’epoca dell’ampliamento del biennio 1925-1926 lo stabilimento occupava un’area complessiva di 11000 metri quadri, di cui 4000 coperti. – L’edificio principale, parallelo al corso del fiume Boesio, ospitava i frantoi, i molini, le vasche di mescolazione, le filtropresse per la pasta bianca. – Fuori dall’edificio, lungo il fianco est, erano collocati 3 fornetti a tino per la cottura del quarzo. – Altri edifici erano destinati ai frantoi, molini per pasta refrattaria e depositi vari. – Nell’angolo tra il letto del Boesio e l’attuale via Martiri della Libertà un piccolo edificio ospitava la centralina idroelettrica, dietro il quale s’alzava il serbatoio dell’acqua proveniente dalle sorgenti delle Nove Fontane. I 600 quintali di pasta, preparati quotidianamente allo stabilimento, garantivano al reparto tonderia la produzione di circa 4000 pezzi al giorno.

1931: Potenziamento degli impianti dei Molini Boesio con attrezzature più moderne ed efficienti.

1962-1965: Nuova opera di ampliamento per la produzione di refrattari industriali.

1981: Lo stabilimento Boesio è posto in liquidazione

5.4 Stabilimento Ponte – Magazzini generali e depositi materie prime (1925-1990)

1925-1926: Nel grande piano di ampliamento della SCI di questo periodo rientra la costruzione dei Magazzini generali e Depositi materie prime presso la località Ponte, raccordati con le Ferrovie dello Stato.

UNA FOTOGRAFIA D’EPOCA – LA STRUTTURA

Essi occupavano un’area totale di oltre 21000 metri quadri, di cui 9500 coperti. Guardando verso l’interno, dal cancello della portineria, si poteva scorgere al centro la palazzina degli uffici, a sinistra la rimessa delle locomotive, a destra l’abitazione del Direttore delle vendite. I lunghi magazzini, che si estendevano subito dietro gli uffici su una superficie di circa 4500 metri quadri, erano divisi per il lungo in due zone principali: sulla destra il deposito merce, sulla sinistra la zona di imballaggio e di preparazione dei vagoni ferroviari. Questi poi venivano avviati verso le Ferrovie dello Stato attraverso i cancelli all’estremità opposta dell’area, nell’angolo tra le attuali via Nazario Sauro e via Silvio Pellico, dove si trovava un vasto deposito coperto di materie prime, anch’esso raccordato con un binario ferroviario. Nel 1924 la SCI aveva acquistato anche un locomotore elettrico a scartamento normale destinato allo spostamento dei vagoni.

Stabilimento Ponte1948-1951: Sull’area dei magazzini viene realizzato il nuovo stabilimento Ponte destinato, nel piano di razionalizzazione e riorganizzazione degli stabilimenti voluto dall’ing. Scotti, ad assorbire tutta la produzione di articoli domestici in terraglia forte. Allo stabilimento del Lago rimane dunque la produzione delle piastrelle e dei sanitari mentre alla Verbano si continua con la porcellana da tavola e gli isolatori.

L’area dello stabilimento Ponte viene ampliata fino a occupare una superficie complessiva di 24700 metri quadri, di cui 13000 coperti. Il nuovo edificio, su tre piani, costruito a fianco dei vecchi magazzini del 1926, copre oltre 3500 metri quadri.

UNA FOTOGRAFIA D’EPOCA – LA STRUTTURA

Al piano terreno è installato un forno elettrico continuo Siti- Selin tricanale lungo 107 metri: il tunnel centrale è adibito alla cottura del biscotto, i due laterali alla cottura della merce verniciata. Allo stesso piano è situato il reparto di verniciatura e di incasellamento e la decorazione. Al primo piano viene posto un forno elettrico a passaggi multipli a 28 canali (Spig-Gottignies) per la cottura del biscotto. C’è anche la famosa macchina americana Miller per la foggiatura automatica dei piatti, in grado di produrre, con soli 2 addetti, 900 piatti all’ora. Essa continuerà a funzionare fino al 1981. Sullo stesso piano vengono modellati e foggiati anche i piatti ovali. Al secondo piano si trovano 24 foggiatrici inglesi semi-automatiche Boulton che richiedono un addetto ciascuna. Il terzo piano è adibito a deposito per modelli, gesso e varie. La vasta opera di riorganizzazione produttiva richiese un notevolissimo sforzo finanziario. I capitali occorrenti vengono reperiti attraverso l’autofinanziamento (aumenti di capitale sottoscritto dagli azionisti, in particolare dalla famiglia Scotti), prestiti obbligazionari e prestiti bancari. Altri aiuti finanziari, in attuazione del piano Marshall (o ERP – European Recovery Program), che cominciò a funzionare dall’aprile del 1948, vengono finalizzati all’acquisto di macchinari.

1965: La SCI viene assorbita dal gruppo Richard-Ginori. Nasce la Società Ceramica Italiana Richard-Ginori Spa

1974: Lo stabilimento Ponte diventa sede delle Porcellane Richard-Ginori Spa (porcellane da tavola) entrando nel gruppo Liquigas.

1986: Dalla grave crisi che ha investito le Ceramiche di Laveno lo stabilimento di Laveno Ponte si salva e continua la sua attività nel settore degli articoli domestici con circa 200 dipendenti.

5.5 Stabilimento Verbano (1925-1981)

1925: Nasce lo stabilimento destinato alla costruzione di isolatori in porcellana. L’impianto occupava un’area di 41000 metri quadri posta tra le Ferrovie dello Stato e l’attuale via XXV Aprile.

Stabilimento VerbanoUNA FOTOGRAFIA D’EPOCA – LA STRUTTURA GLI EDIFICI E I REPARTI

L’edificio principale è costruito su 3 piani più una mansarda adibita a deposito e dotato di 4 forni per la cottura delle ceramiche. Vi si trovano i reparti di foggiatura, colaggio, pressatura e verniciatura.
L’edificio 2 risulta essere un po’ più piccolo del primo ed è strutturato su 3 piani. Vi sono collocati i reparti di montaggio, la sala per la prova degli isolatori, i magazzini, gli uffici e il reparto spedizioni che collaborava con le Ferrovie dello Stato.
L’edificio 3 è un capannone organizzato su un solo piano. In esso si trovano il reparto decorazioni, il forno per la cottura delle merci decorate, un magazzino e parte del reparto spedizioni.

1931: La produzione si specializza sulle porcellane da tavola

1937: Primo ampliamento dello stabilimento

1942: Viene pubblicata una legge che limita la produzione ceramica, ma il bilancio della Società rimane in attivo 1948: Secondo ampliamento dello stabilimento 1950: Viene costruito un forno continuo a nafta per sostituire quelli intermittenti

1956: L’abolizione dei cottimi e l’introduzione della paga minima porta i dipendenti allo sciopero

1965: Fusione della SCI con la Richard-Ginori

1966: La produzione di ceramiche da tavola allo stabilimento Verbano risulta sempre più in crisi

1981: A causa della crisi della Società l’attività viene chiusa mettendo fine a più di un secolo di storia lavenese.

5.6 Ceramica Revelli (1885-1980)

Le vicende della Ceramica Revelli sono complementari e allo stesso tempo parallele a quelle della SCI.

1885 – Severino Revelli, uno dei tre fondatori della prima società di ceramiche di Laveno, esce dalla SCI e fonda la Società Ceramica Revelli in territorio di Mombello.

1924 – La Revelli si unisce con la SCI. In quel momento occupa 250 dipendenti.

1932 – Si stacca definitivamente dalla SCI, specializzandosi nella produzione di terraglie per uso domestico di tipo economico.

Anni ’60 – La fabbrica entra in crisi.

1969 – Il proprietario Revelli cessa l’attività e lo stabilimento è occupato dai lavoratori. L’attività riprende con la nuova proprietà (una Spa in cui troviamo i lavenesi Formenti, Spertini, Bianchi, Monteggia, Rattaggi)

1979 – La fabbrica viene posta in liquidazione.

1980 – Chiusura definitiva. In quel momento occupa 116 dipendenti.

6. La Cooperativa ceramiche Verbano

All’inizio degli anni ottanta una grave crisi investe le fabbriche di ceramica di Laveno. Lo stabilimento Lago, produttore di sanitari, che dipende dallo stabilimento di Gattinara, mette in cassa integrazione speciale tutti gli occupati. Anche lo stabilimento Ponte, nonostante abbia tentato una diversa organizzazione del lavoro per recuperare produttività, aggiungendo nuove linee di prodotti, da 10 anni è in perdita e ricorre alla cassa integrazione speciale per 50 dipendenti. Lo stabilimento Verbano Boesio, pur avendo consistenti ordinativi a lungo termine ed essendo reduce da un’ampia ristrutturazione, in data 31 marzo 1981 era stato messo in liquidazione insieme agli altri della Divisione ceramiche industriali del gruppo Pozzi-Ginori (Livorno e Genova). Concause di tale decisione vanno rintracciate nella crisi di mercato del settore degli isolatori, unita a un ristagno generale dell’edilizia, ma anche in una errata manovra finanziaria. (da un intervista ad Alma Pizzi, assessore al Lavoro del Comune di Laveno- Mombello nel 1982).

Richiesta di costituzione della cooperativa, 1981.È a questo punto che nasce l’idea di formare una Cooperativa. Come tiene a rilevare Alma Pizzi, “si tratta del primo tentativo di cooperativa nella provincia di Varese” («Il Sole 24 ore», 30/01/1982) Assistiti dalla Confederazione delle Cooperative e dal Comune di Laveno, che ha finanziato un piano di fattibilità, il 30 gennaio 1982, 92 lavoratori – operai e impiegati – ufficializzano, davanti al notaio, la costituzione della Cooperativa Ceramiche Verbano. Questa ha regolato con la proprietà l’ingresso nello stabilimento sulla base di un contratto di affitto-riscatto siglato dal ministro dell’Industria on. Giovanni Marcora. Del capitale sociale (che ammonta a 4 milioni di lire per socio) le prime 20 quote vengono versate all’inizio dell’attività lavorativa, le altre verranno versate mensilmente. Inoltre ogni socio si impegna a trasferire il proprio fondo liquidazione dalle ex Ceramiche Industriali alla Cooperativa, onde creare un fondo (pari a circa 450 milioni di lire) per autofinanziare l’acquisizione dei magazzini e rendere più immediato l’inizio della produzione.

Con il 1° giugno 1982 lo stabilimento riprende la sua attività. Riallacciati i contatti con i vecchi clienti esteri, ne vengono acquisiti di nuovi. La Cooperativa risulta indipendente rispetto allo stabilimento principale Pozzi-Ginori col rientro a Laveno di tutta la parte amministrativo-contabile, che prima avveniva a Milano nella sede centrale. Nel contempo non vi è alcun tipo di concorrenza né con il gruppo madre Pozzi-Ginori – che ha ormai liquidato anche altre fabbriche – né con l’azienda di Livorno, impegnata solo nella produzione di isolatori, che la sede di Verbano aveva già abbandonato da tempo. L’ing. Fabrizio Paperini (presidente della Cooperativa), definisce migliorati anche i rapporti umani fra il personale, grazie all’istituzione delle assemblee mensili.

Le difficoltà della Cooperativa tuttavia, risultano essere essenzialmente due: la maggiore (se non l’unica) è l’approccio al mondo del lavoro al quale essa si è affacciata, per essere una sorta di “novità” in quel contesto, difficoltà comunque superata dal fatto di continuare una produzione per la quale le ceramiche di Laveno erano già conosciute. La seconda è di tipo economico-finanziario, data dalla difficoltà di ottenere finanziamenti dal sistema bancario. La Cooperativa rimane attiva per 15 anni, fino al luglio 1997.

7. I personaggi

7.1 Giulio Richard

Nacque in Svizzera nel 1812 nel Cantone di Vaud, da una famiglia di ex ugonotti francesi. Nel 1840 si trasferisce a Milano, proponendosi a Carlo Tinelli come direttore e socio della fabbrica San Cristoforo. Nel 1842 rileva dal nobile Carlo Tinelli la Società per la fabbricazione delle porcellane lombarde. Con lui lo stabilimento San Cristoforo inizia a produrre non solo manufatti pregiati, ma anche vasellame e terraglie per uso quotidiano. Il volume della produzione cresce rapidamente; tra il 1842 e il 1847 anche il numero degli operai si sarebbe più che raddoppiato (da 120 a 250). Dal 1845 si susseguono i riconoscimenti: numerose medaglie d’oro vengono conferite alle maioliche all’inglese della San Cristoforo dalla Società d’incoraggiamento d’arti e mestieri, come pure l’Istituto lombardo accademia di scienze e lettere premia la fabbrica per le migliorie apportate alla fabbricazione delle porcellane.

Nel 1848 Giulio Richard partecipa ai moti insurrezionali di quegli anni, essendo attivamente impegnato nella vita politica e sociale cittadina. È inoltre a lungo attivo anche nella Camera di commercio (dal 1863 al 1882) e nella Società d’incoraggiamento d’ arti e mestieri. Nel 1873 fondò la Società ceramica Richard, che diede lavoro a più di 1100 operai. Oltre allo stabilimento San Cristoforo, la produzione viene estesa a Palosco e Bergamo (questi ultimi due impianti saranno in seguito abbandonati). Nel 1883 gli subentra il figlio Augusto, sotto la cui direzione la fabbrica diventa la prima industria nazionale di ceramiche. Muore nel 1886.

7.2 Carlo Tinelli

Carlo Tinelli il Vecchio (1795- 1877) di antica famiglia nobiliare lombarda si laureò in Giurisprudenza. Spirito vivace e intraprendente, si deve a lui l’introduzione in Lombardia dell’aratro americano. Gestì la fabbrica di porcellana San Cristoforo di Milano fino alla vendita al Richard. In essa fece uso della torba di Mombello di cui iniziò lo sfruttamento. Fu sindaco di Laveno ininterrottamente dal 1862 fino alla sua morte.

7.3 Alessandro Carnelli, Carlo Caspani, Severino Revelli

Alessandro Carnelli, Carlo Caspani e Severino Revelli, provenienti dallo stabilimento San Cristoforo di Milano di cui erano stati dipendenti, furono i fondatori della prima società di produzione di ceramica a Laveno nel 1856. Di Carnelli e Caspani (morto nel 1863) non si dispone di notizie biografiche, mentre scarse informazioni sono state recuperate per Severino Revelli. Nacque a Mentone in Francia nel 1819 e morì a Laveno nel 1900. Fu consigliere comunale e assessore a Laveno. Nel 1885, lasciata la SCI fondò una propria industria ceramica a Mombello. Era antiaustriaco e di simpatie garibaldine. Infatti nel 1859 ospitò i Cacciatori delle Alpi nel suo stabilimento e mostrò a Garibaldi i piani topografici di Laveno e dell’intera Regione.

7.4 Luciano Scotti

luciano-scotti-h200Nacque il 9 dicembre 1885 a Vittuone (Milano) da Annibale e Ida Turrini. Si laureò in ingegneria elettrotecnica al Politecnico di Milano nel 1909. Sposò Giulia Casanova, figlia di Antonio, un avvocato che nel 1885 era riuscito a conseguire un titolo nobiliare. Dal 1891 Casanova era uno dei principali azionisti della Società Ceramica Italiana assieme al cognato Tommaso Bossi, che fu presidente e direttore dell’azienda fino al 1916. Bossi fu sindaco di Laveno dal 1898 al 1906. Scotti fu prima vicepresidente e dal 1931 presidente della Confederazione nazionale fascista industriali ceramisti.

Fu tra le figure più importanti per la storia delle ceramiche a Laveno, capace di coniugare la direzione aziendale con la guida della cittadina, fino a farle coincidere. Nel 1915 risultò per la prima volta iscritto nell’assemblea degli azionisti della SCI (con 500 azioni) ed eletto nel consiglio di amministrazione. Nel 1916 assunse anche la carica di direttore generale. La fine della guerra coincise con l’avvento dello Scotti sulla scena della SCI, fermamente intenzionato ad avviare una politica di consolidamento e di espansione. Quest’ultima richiedeva capitali: venne così deliberata una serie di consistenti aumenti che portarono, in meno di sette anni, l’Azienda da un capitale di 900.000 lire a uno di 9 milioni. Al disegno di espansione si collegava, nelle intenzioni dello Scotti, l’idea di creare nuovi stabilimenti in una località vicino a Milano, ma dovette abbandonarla. Risultò, invece, più urgente il problema del raccordo fra i Molini e lo stabilimento Lago, per cui, l’1 marzo 1920 la SCI presentò la richiesta per attuare il progetto di costruzione di una ferrovia decauville, già ventilato fin dal 1910, ma mai preso in considerazione. La procedura si protrasse per anni, senza alcun esito positivo per l’azienda. Fu probabilmente anche questa situazione a indurre lo Scotti a un impegno diretto nel campo amministrativo locale. La conquista della gestione amministrativa comunale divenne così un obiettivo da raggiungere.

Luciano Scotti tenne le redini dell’intera vita Lavenese per oltre un decennio. Sindaco dal 1924, nel 1926 divenne anche podestà e, nel 1928 fu il primo podestà del neonato Comune di Laveno Mombello. Dovette rinunciarvi solo quando, nel 1934, fu proibito il cumulo delle cariche, svolgendo anche il ruolo di deputato al Parlamento per tre legislature, dal 20 aprile 1929 al 2 agosto 1943. Il periodo 1924-1934 è stato considerato l’“epoca d’oro” di “papà” Scotti. Durante gli anni della sua gestione Scotti, anche se fu sempre molto autoritario, fu in grado di mantenere l’ordine con spirito filantropico e paternalistico (atteggiamento comune a tanti altri imprenditori dell’epoca) su tutto l’apparato, che definiva la sua famiglia (anche se non esitò a diminuire per due volte i salari degli operai considerandoli troppo alti). Acceso sostenitore del fascismo (nel 1925 aveva ricevuto ufficialmente la tessera fascista assegnatagli ad honorem dal segretario del Partito nazionale fascista Roberto Farinacci), seppe guadagnarsi il consenso anche di persone di idee diverse grazie alla sua grande professionalità. Caduto il fascismo, venne processato ma assolto per aver aiutato i partigiani.

Nel secondo dopoguerra Scotti aprì un fondo per i silicotici che garantiva un sussidio agli ammalati; creò una piccola azienda agricola in cui occupare alcuni lavoratori rientrati dalla guerra e impiegarvi alcuni operai silicotici facendoli lavorare in un ambiente salubre. Furono sue iniziative anche la costituzione della Scuola professionale per ceramisti, nonché della “Casa al mare” a Marina di Pietra Santa. Morì il 21 dicembre 1956 e il controllo dell’azienda passò al figlio Annibale. A Luciano Scotti è stata dedicata una scuola elementare.

7.5 Guido Andlovitz

guido-andlovitz-h200La Società Ceramica Italiana di Laveno nei primi sessanta anni della propria attività si era indirizzata alla produzione di oggetti di utilizzo quotidiano, prediligendo la funzionalità all’aspetto estetico. Negli anni venti, in pieno periodo di rinascita modernista, diede vita a un eccellente rinnovamento artistico, affidandone la direzione tecnica a Guido Andlovitz. Qurest’ultimo nacque a Trieste nel 1900. Lasciata la città d’origine, studiò a Milano. Si diplomò alla Reale accademia di belle arti di Brera e si laureò in architettura al Politecnico. Giovanissimo, nel 1923, venne chiamato a collaborare, come consulente artistico, con la SCI, che era reduce dall’insuccesso all’Esposizione di Monza e doveva sostenere la concorrenza della Richard-Ginori, in particolare da quando quest’ultima si avvaleva dell’opera di Gio Ponti.

Pochi anni dopo, nel 1927, vi divenne direttore della produzione. Con la collaborazione di Piero De Ambrosis e del direttore tecnico Antonio De Ambroggi avviò una produzione che, se all’inizio guardava ai modelli francesi, in seguito si avvicinò maggiormente agli schematismi tedeschi e viennesi. Si cimentò persino in opere di stile futurista. Nella veste di direttore della produzione Andlovitz mise in pratica l’insegnamento di Gio Ponti, applicandosi alla progettazione di manufatti caratterizzati da forme e decori intercambiabili, coniugando così il design di alto livello con la produzione di serie.

Tra il 1926 e il 1929, gli anni più proficui della sua opera, per il progetto delle forme e dei decori si ispirò soprattutto alla tradizione del Settecento lombardo e alla produzione della manifattura milanese di Felice Clerici, reinterpretandoli tuttavia con grande fantasia e originalità. Partecipò, con la SCI, a tutte le esposizioni di arti decorative di Monza, alle triennali di Milano, alle mostre della ceramica d’arte di Vicenza, nonché a esposizioni internazionali, conseguendo numerosi successi. Dopo quarant’anni di ininterrotta attività di direttore artistico della SCI, Guido Andlovitz venne insignito dell’onorificenza di Maestro d’Arte. Morì a Monfalcone nel 1971.

L’attenzione al sociale

8.1 La colonia di Marina di Pietrasanta

La colonia di Marina di PietrasantaTra il 1947 e 1950 la Società Ceramica Italiana promosse la costruzione di una colonia marina per i figli dei dipendenti, la “Casa al mare” a Marina di Pietrasanta (Lucca). L’edificio era per buona parte rivestito di piastrelle – di fattura lavenese – color verde acqua, raffiguranti pesci, coralli, meduse e stelle marine: elementi perfettamente in tema con la natura del luogo. La SCI, seguendo l’esempio di altre industrie, si impegnò nell’inviare al mare i figli dei propri dipendenti. La colonia cominciò a funzionare nell’estate del 1948. In un opuscolo della SCI del 1954 si legge che la struttura accoglieva 300 ragazzi, divisi in tre turni di 22 giorni ciascuno. Da quando è cessata l’attività della SCI, la “Casa al mare” versa in stato di abbandono. Recentemente un servizio televisivo del programma “Striscia la notizia” ha messo in evidenza il desiderio, da parte dei lavenesi, di recuperare le piastrelle di rivestimento, frutto del lavoro dei dipendenti degli stabilimenti.

8.2 La scuola professionale lavenese della ceramica

La scuola professionale per ceramisti.Una delle più grandi realizzazioni di Luciano Scotti fu la creazione della Scuola professionale per ceramisti nel 1950, diretta dall’orafo Ambrogio Nicolini. L’iniziativa si inseriva in un contesto già attento alla formazione professionale. Dal 1863 esisteva a Laveno una Scuola diurna e serale di disegno applicato alle industrie della Società operaia finanziata dal Ministero dell’agricoltura industria commercio, dalla Camera di commercio di Varese, dai Comuni di Laveno, Mombello, dalla Società Ceramica Italiana e dalla Società operaia nata nel 1862. Rivolta a entrambi i sessi e fondata per iniziativa del maestro comunale vi si insegnava la decorazione delle terraglie, il disegno architettonico, l’ornato e la “plastica”.

Nel 1951, con il patrocinio del consiglio provinciale per la ricostruzione tecnica, fu aperta una nuova scuola per ceramisti che occupava gli edifici scolastici di Ponte e alcune aule della scuola elementare di via Labiena. Furono introdotti anche corsi serali di durata triennale, volti a dare un’istruzione tecnico – pratica nel campo del disegno della ceramica. Il primo anno vide 36 iscritti al corso diurno e 119 al corso serale. Tre le sezioni : aggiustatori meccanici, ceramisti decoratori e decoratrici, ceramisti modellatori-foggiatori. La scuola ebbe grande successo e due anni dopo arrivò a 327 iscritti; mancava tuttavia ancora una scuola femminile diurna, che venne introdotta nell’anno scolastico 1954-1955. Durante lo stesso anno furono però soppressi i corsi serali perché ritenuti svantaggiosi e il Comune si incaricò di far terminare i corsi agli alunni che ormai avevano intrapreso quel percorso di studi. Dopo la morte dello Scotti i vertici aziendali decisero di chiudere la scuola e dal 1957 lo Stato si fece carico di una nuova scuola pubblica aggregata all’Istituto tecnico tessile di Varese. L’anno successivo, con l’intervento del Ministero della pubblica istruzione, fu fondata una vera a propria scuola distaccata da Varese; furono attivati corsi diurni e corsi serali/festivi di specializzazione; la durata del corso era sempre di tre anni e il diploma permetteva di accedere a una scuola professionale per conseguire il titolo di perito. Nel 1970 cessò definitivamente l’attività scolastica dato il forte calo di studenti dovuto alla nascita della Scuola media unificata.

8.3 Ceramisti di Laveno nel Mondo

Alcuni ceramisti formatisi presso gli stabilimenti di Laveno ebbero il merito di portare la propria arte ed esperienza in diverse località del mondo. Di seguito segnaliamo l’esperienza di alcuni casi conosciuti. A seguito dell’emanazione delle leggi razziali del 1938, Eugenio Altman lasciò l’incarico di direttore dello stabilimento Verbano per riparare in Svezia (fu uno dei primi ceramisti italiani a stabilirvisi). Fu assunto nell’antica fabbrica di ceramiche di Gustavsbregs, cittadina vicino a Stoccolma, dove occupò un ruolo direttivo, con il compito di creare un nuovo reparto per la produzione di sanitari.

Mentre la SCI attraversava un periodo di crisi nel 1957, una fabbrica di Bandonviller in Francia, cercava ceramisti esperti a Laveno, e offriva posti di lavoro. Della Costa, fochista negli impianti della SCI, accettò l’offerta e si trasferì in Francia. Un altro esempio è quello di De Ambrosis, il quale, dopo aver lavorato in molti reparti presso lo stabilimento Ponte ed esserne diventato impiegato-capo, ricevette, nel 1967, un’offerta di lavoro proveniente dal Perù; accettò e si trasferì in Sud America, per prendere posto in un’impresa che produceva ceramiche a Lima. Uno degli ultimi ceramisti a trasferirsi fu V. Pedotti. Formatosi alla scuola serale, dove aveva approfondito le discipline di disegno e modelleria della ceramica, e divenuto modellista presso lo stabilimento Lago, nel 1964 si trasferì alla Cesame di Catania, dove lavorò prima come modellista, poi come capo-reparto modelleria e collaggio; infine collaborò come consulente dal 1995 al 2000.

9. Medicina del lavoro

9.1 La silicosi

La silicosi è una malattia polmonare causata dall’inalazione di polvere contenente biossido di silicio, (SiO2), allo stato cristallino. Non potendo la polvere che entra nei polmoni essere eliminata dal corpo umano, vi provoca infiammazione e cicatrizzazione (fibrosi). A livello dell’interstizio polmonare, dove le particelle di silice si accumulano, si possono quindi formare immunocomplessi, noduli sclerotici, che si localizzano prevalentemente nelle regioni posteriori dei lobi polmonari superiori. Le particelle di silice giungono inoltre ai linfonodi ilari per via linfatica, dove determinano calcificazioni che conferiscono agli stessi il tipico aspetto “a guscio d’uovo”. La silicosi può rimanere latente per diversi anni. Le manifestazioni iniziali compaiono, generalmente, dopo un lungo periodo dall’inizio dell’esposizione alle polveri di silice e sono caratterizzate da dispnea e tosse, dovute all’enfisema presente nelle parti di polmone non interessate dalla formazione di noduli e conglomerati. La rapidità dell’evoluzione della malattia è in stretta relazione alla quantità di polvere inalata.

La complicazione più frequente derivante dalla silicosi è l’associazione con la tubercolosi, che non può che aggravare il quadro clinico del paziente. Insufficienza respiratoria e tubercolosi, unitamente allo scompenso cardiaco destro, sono tra le più frequenti cause di morte in chi abbia contratto questa malattia. Si registrano tre tipi di silicosi a seconda dei sintomi: I pazienti con silicosi nodulare semplice non presentano ancora né sintomi né, solitamente, compromissione respiratoria. Sebbene la silicosi semplice comprometta la funzione respiratoria in scarsa misura, i pazienti con stadio di malattia 2 o 3 possono presentare una leggera riduzione dei volumi polmonari. La silicosi a noduli confluenti, al contrario, può determinare grave dispnea, tosse ed espettorato. La gravità dell’affanno è correlata alla dimensione delle masse confluenti nei polmoni. Man mano che le masse invadono e obliterano il letto vascolare, si instaurano ipertensione polmonare e ipertrofia ventricolare destra. Il cuore polmonare non ipossiemico è infine causa di morte. Nella silicosi confluente (complicata), soprattutto in fase terminale, le alterazioni della funzione respiratoria sono conclamate. Queste comprendono la diminuzione dei volumi polmonari e della capacità di diffusione e l’ostruzione delle vie aeree, spesso con ipertensione polmonare e, occasionalmente, lieve ipossiemia.

Nelle fabbriche di Laveno la protezione degli operai dalla silicosi fu a lungo motivo di lotte e tensioni. Se per molti anni “la polvere”, ”ul mal dul piatèe”, come la malattia veniva chiamata, fu considerata una sorta di maledizione del ceramista, la lotta contro la silicosi fu portata avanti dai sindacati solo nel secondo dopoguerra. Lo stabilimento Lago (specializzato nella produzione di sanitari), pur non essendo il più grande, era considerato il più avanzato nel campo della rilevazione ambientale e nella prevenzione sanitaria. Qui la malattia colpiva maggiormente le donne e provocava una elevata abortività patologica. Ciò nonostante la silicosi non era riconosciuta come malattia professionale. Si effettuavano visite mediche periodiche ma, in caso di malattia, agli operai non veniva pagata alcuna forma di assistenza. Verso la fine della guerra Luciano Scotti affrontò in parte il problema con il suo tipico stile paternalistico: avviò un’azienda agricola sulla collina detta “Brianza” dove, accanto a lavoratori rientrati dalla guerra e a militari sbandati dopo l’armistizio dell’8 settembre, trasferì operai colpiti dalla silicosi, che ebbero così la possibilità di lavorare in un ambiente salubre.

10. Bibliografia

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  9. Istituto centrale di statistica del Regno d’Italia, Censimento industriale e commerciale al 15 ottobre 1927. vol. I-, Roma, Provveditorato generale dello Stato, Libreria, 1928.
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  12. Istituto centrale di statistica del Regno d’Italia, Censimento industriale e commerciale al 15 ottobre 1927. vol. VII-, Roma, Istituto poligrafico dello Stato, Libreria, 1931.
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Sitografia

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  2. http://www.archivioceramica.com
  3. http://www.lombardiabeniculturali.it/archivi/soggetti-produttori/ente/MIDB0017CF
  4. http://www.archiviocinemaindustriale.it/provinciaindustriale/index.php/protagonisti/ societaceramica